Top-level heading

La collezione archeologica Nicola Basso

La collezione archeologica Nicola Basso

Un passato che nutre il futuro

Il 20 dicembre 2024 Nicola Basso, Professore Emerito e già Ordinario di Chirurgia generale, dona a Sapienza Università di Roma la propria collezione di circa 500 reperti archeologici, riunita con passione dal padre Raffaele, anch’egli chirurgo, amante della storia e dedito allo studio della terra di Daunia e di quella degli Etruschi.
Nelle intenzioni del donatore, non si tratta semplicemente di frammenti di antiche civiltà, ma il simbolo tangibile di un legame profondo con il passato, un passato che gli è stato tramandato in famiglia: «Mio padre, con il suo amore per il bello e per la storia, mi ha insegnato che il futuro non può esistere senza radici forti. I pezzi di questa collezione raccontano una storia, e insieme formano il mosaico che ha influenzato le basi della nostra cultura e del nostro progresso. Il mio desiderio è che questa collezione possa ispirare il visitatore, come mio padre ha ispirato me, affinché il passato continui a nutrire il nostro cammino verso il domani».
Affidare la propria collezione all’Istituzione nella quale ha trascorso oltre sessanta anni della sua vita di studio e di lavoro e nella quale si sono formati i propri figli, ha significato per Nicola Basso dare testimonianza di continuità tra ciò che è stato e ciò che sarà, ricordando che la storia dell’essere umano non è mai una rottura, ma un filo ininterrotto che lega le generazioni.
La donazione rappresenta un prezioso percorso virtuoso di condivisione di un’importante collezione privata con la comunità di Sapienza in primo luogo, ma, soprattutto, con il più ampio pubblico. L'atto di mecenatismo di Nicola Basso e della sua famiglia offre alla fruizione pubblica un patrimonio sino ad ora celato.
L’allestimento permanente della collezione Basso nel Rettorato, curato da Laura M. Michetti e da Alessandro Conti del Dipartimento di Scienze dell’Antichità con il supporto di Claudia Carlucci del Polo Museale Sapienza, ha visto coinvolto un gruppo di dottorande/i e studentesse e studenti di Etruscologia e Antichità italiche, che si sono occupati anche della schedatura preliminare di tutti i reperti e della loro documentazione fotografica: anche in questo caso, un percorso virtuoso tra didattica, ricerca e terza missione in un settore, quello dell’archeologia e degli studi classici, nel quale la Sapienza è leader mondiale.
La collezione Nicola Basso si compone di oltre 450 reperti, prevalentemente ceramici. Un piccolo nucleo di oggetti etruschi e italici è in deposito presso il Museo delle Antichità etrusche e italiche del Polo Museale Sapienza, mentre la maggioranza dei reperti, esposta nel Rettorato con il titolo "Antiche genti di Puglia", è riconducibile alle culture fiorite nella antica Apulia nel corso del primo millennio a.C., prima della conquista ad opera di Roma.
Gli oggetti sono il prodotto delle botteghe di ceramisti attivi nelle aree dei Dauni, dei Peuceti e dei Messapi che abitavano nella regione e che, con modalità diverse, entrarono in contatto sia con i coloni greci stanziatisi nel meridione della Penisola, sia con altri popoli del variegato mosaico che componeva l’Italia preromana.
Tipiche dei corredi funerari della Daunia sono le ceramiche in argilla depurata con decorazione geometrica, lineare o vegetale in bruno e rosso, prodotte tra i primi decenni del VII e la fine del III sec. a.C., dapprima modellati a mano o alla ruota lenta e solo a partire dal V secolo realizzati al tornio.
Un nucleo molto numeroso e di notevole qualità è costituito da vasi rivestiti di vernice nera, a volte con decorazione sovrapposta in rosso, opera di botteghe attive a Metaponto, nella valle del Bradano e nella Peucezia costiera (Rutigliano, Ruvo), nella Daunia meridionale (Lavello, Salapia). Per i vasi sovradipinti policromi – definiti anche “di Gnathia” dalla prima località di ritrovamento nel Brindisino, Egnazia – sembra certa una pluralità di centri di manifattura, tra cui spicca la città magnogreca di Taranto.
Pochi, infine, i vasi realizzati nella tecnica a figure rosse “a risparmio”, le cd. ceramiche italiote, realizzate a partire dalla metà del V sec. a.C. con decorazioni figurate: se inizialmente strettissime sono le affinità con i prodotti degli ateliers di Atene, ben presto prevalgono caratteri propri, molto originali, in risposta a specifiche esigenze della clientela locale, composta dagli abitanti delle colonie greche ma anche dalle élites indigene dei vari distretti dell’Italia meridionale.

Data notizia